11.12.11

articolo di Valerio Valentini per Byoblu.com


10 dicembre 2011 - 14.01 Quei maledetti 98 miliardi che lo Stato non vuole riscuotere
E se mentre vi stanno decurtando la pensione, obbligandovi a lavorare per altri 6 anni, vi dicessero che ci sono 98 miliardi di euro che lo Stato potrebbe riscuotere ma a cui non sembra per nulla interessato? E se mentre le accise sulla benzina aumentano e fare un pieno diventa un salasso veniste a sapere che sono 4 anni che i vari governi di destra, di sinistra e di impegno nazionale non fanno nulla per recuperare quella cifra enorme che, da sola, basterebbe a pagare gli interessi sul debito pubblico nazionale per un anno intero?


Un po’ di storia

E' il maggio del 2007 quando una Commissione Parlamentare prima, e il Gruppo Antifrodi Tecnologiche della Guardia di Finanza poi, al termine di una lunga inchiesta comunicano i risultati alla Corte dei Conti. E sono dati sconcertanti. Le dieci maggiori società concessionarie che gestiscono le slot machine avrebbero contratto un debito col Fisco per gli anni 2004-2007 pari a circa 100 miliardi. La truffa erariale più grande che la storia della nostra Repubblica ricordi.

Ma come è potuto succedere?
Molto semplicemente, per legge le fameliche slot machine devono essere collegate con un modem ad un ricevitore della Sogei (Società Generale di Informatica controllata dal Ministero del Tesoro). Invece, i due terzi delle macchinette non sono collegate a questo sistema di controllo. E infatti nel solo 2006 le società indagate incassano il triplo dell’importo dichiarato al Fisco: 43,5 miliardi anziché 15,4. Dopo varie contestazioni e numerose penali – che lasciano ipotizzare un costante aumento della cifra che lo Stato deve riscuotere – si arriva, il 4 dicembre del 2008, al processo. Come spesso succede, tuttavia, i difensori contestano la competenza della Corte dei Conti obiettando che di tale questione deve occuparsi il Tar del Lazio. La disputa viene risolta dalla Cassazione, che nel dicembre del 2010 stabilisce che i giudici contabili possono continuare ad indagare. E infatti, nell’ottobre scorso, è ripreso il processo.

Le responsabilità dei Monopoli
Pesanti responsabilità, se non addirittura connivenze, sembrano ricadere anche sull’Agenzia dei Monopoli di Stato (AAMS).
A denunciarlo è la stessa Commissione d’indagine che parla di “interrogativi” sorti durante l’inchiesta “su specifici comportamenti tenuti dai Monopoli in particolari occasioni” che “riguardano sia la fase di avvio delle reti telematiche e in particolare l’esito positivo dei collaudi allora condotti, subito dopo smentiti dall’esperienza applicativa, sia l’accelerato rilascio di nulla-osta di distribuzione per apparecchi nell’imminenza dell’entrata in vigore di una disciplina più stringente, sia infine l’omessa applicazione di sanzioni previste dalla legge e ‘l’invenzione’ di regimi fiscali forfettari”. E secondo quanto dichiarato da un membro della Commissione al Secolo XIX, “i Monopoli hanno autorizzato persino macchinette apparentemente innocue, giochi di puro intrattenimento, senza scoprire che premendo un pulsante si trasformavano in slot-machine.
L’applicazione di forfait ha permesso il dilagare di anomalie, perché la 'cifra fissa' è assai più bassa di quella che potrebbe essere rilevata dalle macchine. Così in moltissimi casi sono state dichiarate avarie, guasti, difficoltà di collegamento dei modem solo per poter pagare di meno, con una perdita secca per lo Stato di miliardi di euro”.

I Monopoli, in sostanza, avrebbero permesso e facilitato la dilagante evasione delle società concessionarie, “rinunciando a qualunque forma di sanzionamento che avrebbe dovuto essere attuata”. Oltre ai vertici de Monopoli, gravi accuse di corruzione sono state rivolte dalla Commissione a singoli funzionari che, attraverso “anomale procedure” e “retrodatazione delle autorizzazioni”, avrebbero permesso ad almeno 28 aziende (alcune delle quali oggetto di indagini da parte della magistratura per presunti reati di corruzione nei confronti di dirigenti dei Monopoli) di eludere le disposizioni introdotte successivamente dalla legge.

L’immobilismo dei governi

Intanto, i governi che si sono succeduti dal 2007 ad oggi - di sinistra, di destra e di impegno nazionale - continuano a restare imbambolati senza prendere una decisione al riguardo. L’ultima volta che se ne è parlato in Parlamento, l’estate scorsa, il ministro Vito ha rassicurato che «nel decreto anticrisi, attraverso la collaborazione con la Guardia di Finanza, sono stati attivati controlli e indagini sull’attività delle società stesse a garanzia del loro operato e per verificarne l’affidabilità». Che tradotto suona più o meno come in Don Raffaè: “Lo Stato che fa? S’indigna s’impegna poi getta la spugna con gran dignità!”.



Slot, politica e Mafia: un intreccio pericoloso

Si potrebbe essere maligni, a questo punto, e pensare che tanto immobilismo bipartisan sia dovuto alla presenza di uomini vicini a politici importanti nell’affare. E magari anche alle infiltrazioni della criminalità organizzata.

Atlantis ad esempio, una delle società concessionarie maggiormente impantanate nella faccenda (con sede fiscale nelle Antille Olandesi), ha un legale rappresentante che si chiama Amedeo Labocetta, un ex esponente di spicco di An a Napoli, oggi parlamentare del Pdl.
Lui però ha sempre stoicamente rimandato al mittente ogni accusa: “Faccio il deputato a tempo pieno, sono nella commissione antimafia e mi sento il custode di Montecitorio: sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene”. Peccato che questo stakanovista eroe della patria si sia reso protagonista di un episodio assai curioso, il 9 novembre scorso. Mentre le Fiamme Gialle stavano perquisendo un ufficio di Francesco Corallo, presidente di Atlantis, s’è intrufolato quatto quatto nel locale – insieme a Giulia Bongiorno, deputata di Fli – e ha portato via quello che ha definito essere un “suo” computer, invocando l’immunità parlamentare in faccia ai militari della Guardia di Finanza. Francesco Corallo, proprietario di quell’ufficio romano e presidente di Atlantis, è un personaggio piuttosto importante.
Se non altro perché suo padre è quel Gaetano Corallo condannato a 7 anni di reclusione per associazione a delinquere. Si tratta di uno dei più importanti esponenti della mafia di Catania, in strettissimi rapporti con Nitto Santapaola, che avrebbe anche ospitato in una sua villa ai Caraibi durante la latitanza del superboss.

Forse, un giorno, qualcuno ci dirà come andrà a finire questa brutta storia. Intanto voi, cari Italiani, in nome del bene del Paese e in virtù della difficoltà del momento che stiamo attraversando, pagate e zitti.

7.12.11

HO CONOSCIUTO UN COETANEO OTTIMISTA.

Domenico Lantieri : C'E' UN SOLO MODO PER INTENDERE LA PAROLA "EQUITA'" IN UNA SITUAZIONE COME QUELLA CHE STIAMO VIVENDO: INGAGGIARE LA "LOTTA CONTRO LA RECESSIONE".

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Questo è un governo a pieno titolo e se è vero che il suo compito principale è quello dell'economia è vero anche che ha un ministro degli Esteri che dovrà gestire i nostri rapporti con il resto del mondo; un ministro dell'Interno che dovrà ...occuparsi non solo dell'ordine pubblico ma della lotta contro le mafie, e la criminalità; un ministro della Giustizia che avrà il compito di riformare l'ordinamento giudiziario, soprattutto quello della giustizia civile ma non soltanto; un ministro del Tesoro che dovrà occuparsi anche delle molte aziende pubbliche e in particolare di quelle che il Tesoro controlla; un ministro delle Comunicazioni cui incombe il tema dell'urgentissima riforma della Rai; un ministro dell'Istruzione che gestirà le scuole e le Università; un ministro dell'Integrazione e della Cooperazione che dovrà affrontare il gigantesco tema dell'immigrazione; un ministro della Coesione territoriale con il compito di far diminuire le diseguaglianze strutturali tra aree evolute e aree depresse. Chi lo concepisce come un commissariato dell'economia e nient'altro che questo, ha la testa nelle nuvole o cerca pretesti per metterlo anzitempo in crisi. Nel lessico politico corrente questo è stato definito il governo del Presidente della Repubblica.


Anche noi, anch'io, l'abbiamo chiamato così, ma forse (anzi senza forse) abbiamo commesso un errore. In una democrazia parlamentare non esiste... un governo del Presidente perché sia per il suo insediamento sia per la sua permanenza è indispensabile la fiducia del Parlamento. Non esiste un governo tecnico visto che la fiducia parlamentare si fonda su una maggioranza politica la quale si fonda a sua volta su una visione condivisa del bene comune.


I motivi e le forme che hanno condotto alla costituzione del governo Monti hanno le loro radici nella crisi economica in atto, ma questo non ha cancellato la natura della democrazia parlamentare. Ho ricordato nell'articolo di domenica scorsa alcuni precedenti significativi. Ho ricordato il governo Fanfani del 1960 la cui maggioranza fu definita "delle convergenze parallele". Ho ricordato il governo istituzionale concepito da Bruno Visentini come la sola e corretta applicazione della Costituzione, deformata da una "costituzione materiale" in cui la partitocrazia si sovrapponeva alla democrazia parlamentare.


Il governo Monti, motivato dall'emergenza dell'euro, realizza in pieno il ritorno alla Costituzione che configura con chiarezza sia il ruolo dei partiti sia quello del Presidente della Repubblica. Il fatto che la partitocrazia abbia deformato la corretta applicazione costituzionale non significa che quando il governo Monti avrà compiuto la sua opera e realizzato i suoi obiettivi, tutto debba tornare come prima e la partitocrazia di nuovo dominante il campo. Non significa insomma che nel maggio del 2013 si debba inalberare l'insegna dell'heri dicebamus. La Costituzione è precisa su questi punti.


I partiti non debbono essere le agenzie di collocamento delle loro clientele e non debbono occupare le istituzioni, ma comportarsi come organi di indirizzo politico e di raccolta del consenso dei cittadini attorno ad una concezione del bene comune, d'una scala di valori e di legittimi interessi che ogni partito rappresenta. Contrassegna come spamDomenico Lantieri Le istituzioni dal canto loro sono gli strumenti erga omnes che traducono operativamente l'indirizzo della maggioranza, a patto di preservare la distinzione fondamentale tra lo Stato e il governo. I governi cambiano se cambia il consenso popolare; lo Stato invece permane ed è il contenitore dell'interesse generale. Su questa distinzione tra Stato e governo si aprì un dibattito storico quando fu formato lo Stato unitario 150 anni fa. Ne discussero in Parlamento, nei loro scritti, nelle leggi costitutive di quello Stato, uomini del valore di Marco Minghetti, Silvio Spaventa, Ruggero Bonghi, Francesco De Sanctis e poi Giustino Fortunato, De Viti De Marco, Benedetto Croce, Luigi Einaudi.


Il tema era quello del rapporto tra i partiti e l'Amministrazione e l'altro strettamente connesso della giustizia nell'Amministrazione. Penso che, per una sorta di eterogenesi dei fini, il governo di Mario Monti nato dall'emergenza sarà il pronubo d'un rapporto nuovo tra i partiti e le istituzioni e che questo debba essere l'essenza della terza Repubblica. Penso e mi auguro... che il futuro Parlamento sia espressione vera e non fittizia del popolo sovrano che abbia il diritto di scegliere i propri rappresentanti.


Penso e mi auguro che i futuri governi siano sempre governi istituzionali che riflettano gli indirizzi della maggioranza parlamentare ma la cui composizione sia decisa dal capo dello Stato come la Costituzione prescrive con estrema chiarezza. Penso e spero che il Parlamento eserciti non solo il potere legislativo ma il controllo sull'attività del governo e cessi di essere il luogo di passiva registrazione dei suoi voleri.


Penso infine che il presidente del Consiglio debba avere maggiori poteri rispetto ai suoi ministri e disporre di corsie privilegiate per i disegni di legge di speciale importanza e urgenza. Anche su questi punti il governo Monti rappresenta... un buon esempio che in futuro non dovrà più avere la motivazione dell'emergenza ma semplicemente quella della correttezza costituzionale.


SU QUESTO PUNTO, "DARE MGGORI POTERI A CAPO DEL GOVERNO" HO QUALCHE PERPLESSITA'. DIPENDE CHI VIENE ELETTO "CAPO DEL GOVERNO". LE ULTIME VICENDE SPERO CHE CI ABBIANO FATTO APRIRE GLI OCCHI. Si ricava dalle precedenti riflessioni su quanto è accaduto e sta accadendo che il presidente Giorgio Napolitano non ha compiuto alcuna "forzatura costituzionale", come alcuni suoi critici gli hanno rimproverato in occasione della nascita dell'attuale governo.


Napolitano ha valutato la drammaticità della crisi che scuote l'intero Occidente, ha incontrato più volte tutte le forze politiche e le più alte autorità europee e internazionali. Alla fine - dopo le volontarie dimissioni del precedente governo - ha nominato il nuovo presidente del Consiglio e i ministri da lui proposti.

Il fatto che nessuno di quei ministri provenga dai partiti non è necessariamente il connotato dei governi istituzionali, i quali possono esser composti anche interamente da uomini di partito; ma la scelta non spetta alle segreterie, spetta ...al capo dello Stato e questa è una distinzione fondamentale che preserva l'essenza del governo-istituzione e toglie ai partiti una tentazione che deformerebbe il loro stesso prezioso ruolo. Tante cose si dovranno ancora fare per dar corpo alla terza Repubblica: una legge elettorale che restituisca ai cittadini la sovranità effettiva che loro compete, la trasformazione del Senato in Camera di rappresentanza delle Regioni, lo sfoltimento del numero dei parlamentari, i consorzi tra piccoli Comuni, lo snellimento degli ospedali e dei tribunali e tante altre cose ancora. La normalità intesa come ordinaria amministrazione è ancora molto lontana.


C'è da ricostruire uno Stato, per di più federale, improntato a criteri di efficienza, modernità e solidarietà sociale e territoriale molto più di quanto non lo sia lo Stato centralista. Questo sarà il compito della terza Repubblica che - è bene ripeterlo - è già cominciata.



------------------- Post scriptum.

Il governo Monti ha deciso di presentarsi martedì sera al "talk show" di Bruno Vespa dopo essersi presentato in Parlamento domani pomeriggio e martedì mattina ad una conferenza stampa con i giornalisti italiani e poi con la stampa estera. C'è un più di troppo, onorevole presidente del Consiglio. Se voleva comunicare con gli italiani doveva scegliere il "caminetto" come hanno sempre fatto i presidenti della Repubblica e i presidenti del Consiglio in occasione di speciali ricorrenze o circostanze. Se voleva essere interrogato dai giornalisti dovevano bastare le conferenze stampa ad essi riservate. Lei ricorderà certamente il Vangelo di Matteo dove è detto che "il di più è del Maligno".

Con tutto il rispetto personale per Bruno Vespa, quello è "un di più" che a molti darà grande "fastidio". SU QUESTA OSSERVAZIONE SONO PERFETTAMENTE D'ACCORDO. ANDARE A "PRIMA PORTA" - PARDON! A "PORTA A PORTA", PER PARLARE AL POPOLO, NON E' IL MASSIMO!!!! HO DATO MOLTO SPAZIO ALLE DEDUZIONI ILLUMINATE DI EUGENIO SCALFARI. SIAMO ALLA TERZA REPUBBLICA!!! SENZA "SE" E SENZA "MA".


SPERIAMO CHE SI REALIZZI IN MODO STABILE, E CHE SI RIESCA A RIFORMARE LE MENTI DEGLI TALIANI E PORTARLE VERSO IL VERO CONCETTO DI UNA DEMOCRAZIA REALE, NEL RISPETTO DELLA NOSTRA COSTITUZIONE, CHE IN QUESTI ULTIMI 17 ANNI E' STATA VILIPESA E DISTORTA.

GRAZIE AD EUGENIO, MA, MOLTO DI PIU', A GIORGIO, CHE NE E' STATO L'ARTEFICE. CI SONO TUTTI GLI ELEMENTI PER SPERARE IN UN FUTURO MIGLIORE, COME L'ITALIA MERITA.

17.11.11

IMPERDIBILE MICHELE SERRA

Giacomo Salerno Un governo di onesti professori borghesi, quasi tutti cattolici, quasi tutti ricchi, guidato da un onesto professore borghese, cattolico e ricco. (In pratica: un governo Prodi, però libero dal ricatto bilaterale di Mastella e di Bertinotti). Ognuno è libero di trarne le conclusioni che crede, e ovviamente ogni critica, in questo clima di unanime consenso, sarà la benvenut...a. Ma date retta, prima di aprire il rubinetto dei vostri dubbi fate come ho fatto io ieri, subito dopo avere letto la lista dei ministri: cercate in rete il video “Meno male che Silvio c'è”, dura neanche due minuti ma è un sunto fantastico della catastrofe antropologica dalla quale (forse) siamo appena sortiti. Rivederlo e sentirsi miracolati, guariti dalla peste, redenti dalla dannazione è tutt'uno. Il grigio-banca del governo Monti sembra un antidoto alla pacchianeria sgargiante che ci ha sommersi, incanagliti, instupiditi per tanti di quegli anni che quando vediamo passare in televisione, tra gli stucchi di Palazzo, una faccia normale, una persona noiosa, sbarriamo gli occhi per l'incredulità. Per ogni ministro nominato, fate così: cercate di ricordarvi chi era il suo predecessore. Vedrete che in nove casi su dieci il passo in avanti è stato grandioso. A prescindere. (Michele Serra) http://www.youtube.com/watch?v=WXf-YbsSh0Y
--------------------------- PARERI DISCORDANTI...
Chi sono i signori nella foto? Li conoscete? Li avete mai visti prima d'ora? Li avete mai sentiti parlare? Qualcuno di loro vi ha per caso spiegato cosa vuole fare? Siete d'accordo con lui? No, e come potreste: non sapete neppure chi siano. I loro nomi sono noti solo a pochi. Sono èlite provenienti da un'altra dimensione, apparse solo per i brevi istanti necessari a fare una foto di gruppo. Vi passano accanto nascosti dai vetri opachi delle auto blu: loro vedono voi, ma voi non vedete loro. Ne discendono solo per infilare porte girevoli e svanire nelle lussuose hall dei loro uffici di vetro. Opaco pure quello. Se provate a seguirli vi buttano fuori. Mica loro, che non ci fanno neanche caso: i loro sgherri. Non potete fargli domande: non rispondono. Non vi guardano mai negli occhi. Del resto, cosa potrebbero spiegarvi che voi possiate capire? Loro sono. Loro hanno. Loro possono. Loro arrivano e loro fanno. Ed è tutto. La definizione di tiranno non è "colui che governa male": tiranneggiando, appunto. I tiranni erano coloro che prendevano il potere senza esserne pienamente legittimati. Questo governo di banchieri, eletto dal Corriere della Sera, da Prodi, da Banca Intesa, da CL e da Ruini, questo governo dei Passera, dei Profumo, delle donne più ricche d'Italia, questo governo degli ammiragli non è legittimato. La Costituzione non lo prevede. Il Parlamento che ha svolto le consultazioni non è stato eletto dal popolo ma nominato dai partiti. I partiti stessi non hanno più nessuna voce in capitolo: sono ostaggi del potere economico finanziario. Se mai osassero rifiutare il loro voto, un colpo di spread li metterebbe alla pubblica gogna. E loro non possono permetterselo: in fin dei conti, potrebbero perfino esserci nuove elezioni, in futuro. Questi diciassette tiranni, nella definizione classica del termine, avranno cambiato l'Italia prima ancora che voi abbiate imparato i loro nomi. E c'è ancora gente che si ostina a chiamarla democrazia. Diciassette tiranni avranno cambiato l'Italia prima ancora che voi abbiate imparato i loro nomi. E c'è ancora chi che si ostina a chiamarla democrazia. Il mio blog: http://www.byoblu.com La mia pagina Facebook: http://www.facebook.com/informatiecontenti Il mio canale Youtube: http://www.youtube.com/byoblu Il mio profilo Twitter: http://twitter.com/#!/byoblu

10.11.11

Finale col trucco?

di Paolo Flores d’Arcais, da il Fatto quotidiano, 10 novembre 2011 Berlusconi non si è dimesso. Ha promesso che lo farà, e le sue promesse sono meno autentiche dei suoi capelli. Berlusconi in realtà vuole continuare a comandare, ad esercitare la smisurata e anticostituzionale concentrazione di potere che ha precipitato l’Italia in un regime. Ha cercato di tirare a campare mantenendo il gioco nelle sue mani, il famoso maxi-emendamento a cui condizionare le dimissioni. Magari infilandoci i soliti provvedimenti ad personam per le sue aziende e il suo testamento (contro Veronica e i di lei figli), e per la sua impunità giudiziaria. Lo ha fatto in passato, perché mai non anche ora? Berlusconi ha provato addirittura a commissariare Napolitano, intrecciando maxi-emendamento “europeo”, dimissioni e voto anticipato in un’unica e indissolubile vicenda. Il presidente della Repubblica, concedendogli le dimissioni in differita, ha forse sottovalutato una volta di più che Berlusconi è animale politico della specie caiman crocodilus, famiglia alligatoridae, che già un anno fa utilizzò lo spostamento di un mese del voto di fiducia per comprarsi i voti mancanti. Se ne deve essere accorto, se ha diffuso la nota tagliente e irrituale con cui dà l’altolà agl’incombenti trucchi di Berlusconi. Se ne devono essere accorti anche le opposizioni, pronte purtroppo a digerire il maxi-emendamento senza nessuna dose di equità, che hanno però imposto un calendario a tappe forzate: voto al Senato venerdì, alla Camera sabato, dunque domenica Berlusconi già fuori da Palazzo Chigi. Berlusconi giura e spergiura (le due cose in lui fanno tutt’uno) che non si ricandiderà, ma si può scommettere che farà carte false e gesti da piromane per impedire che le dimissioni significhino la sua fine politica (e del potere anticostituzionale accumulato), per prolungare l’agonia e cercare di rovesciare i verdetti. Lo spread è a livelli da default, da rovina per i milioni di italiani che possiedono titoli di Stato. L’essenziale della (im)moralità di Berlusconi è tutta qui: per evitare la propria fine, ben venga la catastrofe del Paese. Contro i prossimi trucchi criminali di questo Mackie Messer, è sperabile che l’opposizione sia pronta e agguerrita. p.s. Come volevasi dimostrare: appena ha capito che Napolitano darà comunque a Monti l’incarico, Berlusconi ha scoperto che “Monti è una scelta ineludibile”, e si prepara a condizionarlo: vuole che al ministero della Giustizia resti il “suo” Nitto Palma. Naturalmente a far cambiare opinione (è il suo nuovo “giuro e spergiuro”: ieri sulle elezioni anticipate, domani chissà) a Berlusconi non sono stati i destini dell’Italia ma il crollo in borsa di Mediaset, che per lui sono la stessa cosa. Ora vedremo cosa faranno Napolitano e Monti, per la giustizia e per il sistema televisivo, le due uniche cose che interessino a Berlusconi. Alla speculazione finanziaria l’impunità di Berlusconi e la negazione della giustizia eguale per tutti, ovviamente non importano nulla. Ma agli italiani in carne ed ossa sì. Sarà una cartina di tornasole per il nuovo governo, almeno quanto la “equità” (che non ci sarà) sui provvedimenti economici. Se Napolitano e Monti daranno su questo garanzie a Berlusconi vorrà dire che si saranno piegati: oggi la loro credibilità presso gli italiani è altissima (non sempre meritatamente, a modesto parere di chi scrive), ma sull’impunità a Berlusconi e il monopolio ai vari Minzolini potrebbe crollare di colpo. (10 novembre 2011) I BLOG DI MICROMEGA

31.10.11

Per quanto voi vi crediate assolti

…Leadership e democrazia di Gianpaolo Carbonetto Questa volta vorrei non parlare di Berlusconi: per lui mi limito a segnalare che signore, dopo aver incentivato per legge il gioco d’azzardo via internet, è entrato anche in quel giro di affari creando un altro gigantesco conflitto di interessi. Questa volta vorrei cominciare un ragionamento – anzi, se possibile, un dialogo – sul PD. E vorrei cominciare da quello che è accaduto alla Leopolda di Firenze dove Matteo Renzi ha radunato i “rottamatori” dando una poderosa mano a innalzare il tasso di litigiosità all’interno di un partito che dovrebbe vincere a mani basse le prossime elezioni purtroppo non tanto per la bontà dei programmi propri, quanto per l’impresentabilità di quelli altrui. Devo confessare che il personaggio non mi è particolarmente simpatico perché mandare a casa delle persone soltanto guardando la carta d’identità, o il numero dei mandati, senza preoccuparsi della qualità di quelle persone, mi sembra una evidente generalizzazione che, come tutte le generalizzazioni e le eccessive semplificazioni, è una pericolosa sciocchezza che, tra l’altro, si dimostra tale già in alcune frasi pronunciate da Renzi stesso. Eccone una: «La storia nuova la scrivono i pionieri e non i reduci», dimenticando evidentemente che la nuova storia dell’Italia democratica è stata scritta nella Costituzione dai reduci della Resistenza e che sono stati i pionieri delle “novità” sociali a tentare di riportarci a quella storia vecchia, evidentemente dimenticata da troppi, ma altrettanto evidentemente mai morta. Ma su almeno una cosa con Renzi sono d’accordo e confermo quello che ho già scritto qualche commento fa: i politici si occupano di alleanze, ma agli elettori interessano i programmi, o, meglio, gli obbiettivi. E vedo di andare oltre rilevando che non sono pochi coloro che individuano una delle cause delle difficoltà del centrosinistra nella mancanza di “leadership”. Io, invece, sono convinto che quello che serva – e scusate il neologismo che faccio mio mutuandolo da Claudio Scarpa, pensatore ancor prima che teatrante – sia una “teamship”. La crisi di leadership, infatti, può anche essere vera, ma vedo questa affermazione come uno dei modi per tentare di lavarsi mani e coscienza. In questo modo, infatti, ognuno può dire: «Quello che succede non è colpa mia, perché io non posso essere un leader in quando non ne ho la statura, la prearazione, la cultura e, se i leader a disposizione sono davvero scarsetti, se non del tutto impresentabili, non posso farci niente». Se invece la crisi è di “teamship”, allora la cosa mi riguarda perché nel team, nel lavoro di gruppo, c’entro anch’io; perché sono chiamato anch’io, comunque e sempre, a dare il mio contributo. E se non lo faccio sono anch’io a danneggiare la comunità. Questa crisi di “teamship”, non è inevitabile. In Friuli una prova la si è avuta – evidente – 35 anni fa, quando un intero popolo, a prescindere da situazioni e convinzioni diverse – sociali, religiose, linguistiche, politiche – è riuscito a compiere quel miracolo che chiamiamo ricostruzione dal terremoto del 1976. E sono convinto che se in quella circostanza ci fossimo trovati nella situazione politica attuale non ne saremmo venuti fuori. E non soltanto per la caratterizzazione politica della conduzione attuale della Regione, ma perché quella volta importanti non erano i leader, bensì i team. O, meglio, i leader erano importanti perché si sentivano tali soltanto fino a un certo punto, visto che poi sapevano confrontarsi, mediare e decidere con gli amici e con gli avversari. Mentre oggi di questi tre verbi resta vivo – e non sempre – soltanto il terzo. Credo che siano molte le cose che hanno portato a questa situazione, ma che quella più importante, anche se i più lo vedono come un ininfluente tecnicismo, sia stato il passaggio dal proporzionale al maggioritario, perché con il proporzionale e con quelle coalizioni non corazzate che obbligava a fare, gli amministratori della cosa pubblica erano obbligatoriamente abituati a confrontarsi, a discutere, a mediare – che poi è la vera essenza della democrazia – ed erano anche costretti a capire il vero pensiero dell’altro, a saperne cogliere le cose buone e a buttare quelle cattive. Oggi ogni valutazione finale sulle cose da fare è demandata soltanto al conteggio della quantità di voti che si hanno a disposizione. Quella volta, insomma – visto che cultura è andare a fondo nelle parole, capire ed elaborare – si è fatta vera cultura facendo vera politica. E questo è importantissimo perché sono convinto che quella che stiamo attraversando non sia soltanto una crisi economica, ma, soprattutto, una crisi culturale. E come si può uscire da una crisi culturale senza cultura? Soprattutto pensando che la caratteristica principale della cultura è la responsabilità e non la voglia di apparire. Un’ultima cosa: sono perfettamente d’accordo sul fatto che come deve sparire il berlusconismo, così deve sparire l’antiberlusconismo. Ma non prima di un minuto dopo che il berlusconismo sarà scomparso dalla faccia dell’Italia.